"Star Trek: Picard": il futuro che volevo ormai è passato

L'altro giorno ho visto la prima puntata di "Star Trek: Picard" su Amazon Prime.
Non guardavo qualcosa di Star Trek da molti anni, ma in passato avevo visto alcune puntate di Next Generation e soprattutto le prime quattro stagioni di Deep Space Nine, quest'ultima la mia serie fantascientifica preferita. Voyager e seguenti non mi hanno mai preso, quindi non sono al corrente dell'evoluzione della saga, ma questo Picard ha proiettato una strana luce sull'universo di Star Trek che ricordavo.


Molto brevemente, sono rimasto deluso e non capisco tutto l'entusiasmo degli appassionati. Felicità nel rivedere i loro beniamini sullo schermo? 
Molti si sono già soffermati sulla pigra sceneggiatura, su tutti l'inspiegabile assenza di una polizia degna di tal nome, il teletrasporto usato alla pene di segugio e la goffissima sequenza finale col romulano e la dottoressa. Alcuni lamentano un Picard troppo diverso da quello originale, troppo debole ed emozionale (vedi l'intervista). Su questo mi sento di esprimere qualche riserva: età ed esperienze ignote al pubblico potrebbero averlo cambiato, una certa distanza dal capitano tutto d'un pezzo di trent'anni fa è concepibile.

Ma vogliamo ricordarlo così
No, il mio problema maggiore è molto più profondo e riguarda la struttura stessa dell'universo di Star Trek.
Lo Star Trek che conosco e che mi ha appassionato esiste in un universo positivo, ottimista. Dopo un difficile ventunesimo secolo, gli umani hanno finalmente risolto i loro problemi, sono al centro di una Federazione di pianeti, vanno dove nessuno è mai arrivato prima. La vita sulla Terra è felice, le sfide sono altrove. Certo, già a partire da Deep Space Nine si iniziavano a fare alcuni distinguo, a inserire delle sfumature (Kira ex terrorista, Odo, Garak eccetera), ma i veri nemici erano sempre là fuori e quando erano dentro si trattava sempre di schegge impazzite. A volte i nemici diventavano persino amici o quantomeno si raggiungeva una tregua. In ogni caso avevamo gli strumenti per affrontare ogni situazione.
Sicuramente l'impronta della Federazione era molto americaneggiante, però la saga trasmetteva un messaggio rassicurante e rappresentava un modo per prendersi una pausa dal vero mondo là fuori. Per sperare. Personaggi come il Picard di TNG e Benjamin Sisko erano comandanti col cazzo duro, ma mai tirannici, figure paterne la cui presenza scaldava il cuore, esaltava perfino. Uomini severi e forti, ma pronti al compromesso. Uomini che guidavano e univano, pur nelle debolezze che a volte umanamente mostravano.

Se rasarsi a zero è socialmente accettato oggi è anche grazie a gente come lui

Almeno, ALMENO in quei tre cazzo di quarti d'ora in cui si svolgeva la puntata sapevi chi erano i buoni e sapevi che avrebbero vinto (a volte con qualche perdita certo). Sapevi che qualcuno avrebbe messo le cose a posto nel modo giusto. Erano troppi quarantacinque minuti di serenità ogni tanto?

Il nuovo "Star Trek: Picard" invece dipinge una Terra piena di contraddizioni, paurosa, intollerante, fosca, a tratti più simile al mondo di Blade Runner. O al presente. Capisco il messaggio, ne intuisco il suo intento sociale, intravedo la volontà degli autori di dare una impronta "profonda e riflessiva" alla serie, ma possibile che non si possa più immaginare, IMMAGINARE quantomeno perdio, un futuro radioso, di cooperazione e giustizia dove la specie umana abbia imparato dai propri errori, li abbia corretti e aiuti altre specie a correggere i propri? Non ne siamo più in grado?
Perché mi devo ritrovare la stessa merda di oggi in una serie ambientata tra 400 anni? Mi basta guardare un telegiornale! Non c'è fuga neanche in Star Trek ormai? Tanto più che l'idea è talmente abusata da essere diventata superficiale essa stessa: il futuro distopico è roba vecchia già dai tempi di Orwell, allora era una visione geniale, adesso ha un po' rotto i coglioni.
Non si tratta di chiudere gli occhi di fronte al presente. Si tratta di avere ancora la capacità di immaginare una società futura per cui migliorare. Sognare. Se anche tra 400 anni pensiamo di avere gli stessi identici problemi, di avere a che fare con la stessa identica merda di oggi, provare a cambiare non avrà mai senso. Già prigionieri del passato e del presente, adesso siamo anche prigionieri del futuro. La quarta dimensione della merda.

Forse mi sono spinto un po' troppo oltre. Forse ho una visione semplicistica, al limite del manicheo, su come Star Trek dovrebbe essere.
Può anche darsi che questa direzione "sofferta", "riflessiva" della saga vada avanti da molto tempo. Non avendo seguito le serie più recenti non posso dirlo. Onestamente, non mi interessa.
Vedrò le prossime puntate, tanto sono solo dieci, anche se già so che mi gireranno i coglioni per l'immancabile cliffhanger finale che ci infileranno, altro viziaccio dei telefilm moderni.

Tuttavia ancora più forte adesso è la voglia di riscoprire TNG e DS9, entrambe serie che non ho mai completato. Forte è la voglia di rivivere quelle storie nate in tempi non certo migliori di questi, ma nei quali ancora si riusciva a credere nel futuro.

Tempi nei quali potevamo sperare, SPERARE almeno diamine, che un giorno, tra centinaia di anni, le cose sarebbero andate meglio.